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la formazione artistica di Karol wojtyla
KAROL WOJTYLA ATTORE DI DIO
di Renzo Allegri

Segnalato da Claudia Marus
Fonte: http://www.medjugorje.it/nss/data/81/eventi/extpage_8468.html

      2° Comandamento: Non nominare il nome di Dio invano.
      Attore sì, ma non di Dio! Attore sì, ma non santo!
Wojtyla fu attore e rimase attore anche da Papa. Usò l'arte appresa in gioventù per attirare l'attenzione e la simpatia delle folle a suo esclusivo beneficio. Amò il ballo, e ballò anche da Papa. Amò l'arte e da Papa la predilesse anche se fatta di nudo immorale e scandaloso.

      Santo subito?
      — No, grazie!

Invitiamo la Congregazione delle Cause dei Santi a prendere in seria considerazione quanto detto in questo articolo per verificare l' impossibile santità di GPII (ovviamente ci riferiamo sempre alla santità da altare).

La Redazione

Grassetti, colori, parentesi quadre, sottolineature, corsivi
e quanto scritto nello spazio giallo sono generalmente della Redazione

       [...]
       Riprendiamo ora quegli articoli per richiamare l’attenzione su un’altra figura importante nella formazione di Wojtyla. Una persona che influì sulla sua preparazione intellettuale, sulla sua formazione artistica, rimasta sempre alla base della sua fortissima capacità di comunicare con le folle. Si tratta di Mieczyslaw Kotlarczyk, professore di letteratura polacca, uomo totalmente dedito al teatro, sempre impegnato a dirigere qualche spettacolo o a ideare una scenografia. Scriveva su pubblicazioni culturali nazionali, parlava alla radio, era in contatto con il celebre direttore del Teatro nazionale di Cracovia Juliusz Osterwa ed era aggiornatissimo sugli ultimi sviluppi dei teatri tedeschi. Un uomo che viveva per il teatro, e a Wadowice, dove insegnava letteratura al liceo, aveva fondato una compagnia teatrale, costituita tutta da giovani, che richiamava l’attenzione anche dei giornali nazionali.

 

 

       Karol Wojtyla lo conobbe durante gli anni del liceo. Stava attraversando un periodo delicato. Si apriva al mondo e alla cultura. Era entusiasta di tutto. Assorbiva come una spugna scienza e arte.        Trascorreva ore ed ore a parlare con i coetanei di poesia, di letteratura. Ma amava molto anche il divertimento popolare. Gli piaceva ballare. (1) Due volte al mese prendeva lezioni di ballo nel salone del ginnasio di Wadowice, insieme ai suoi coetanei e alle coetanee. Una maestra di ballo, mentre uno dei professori suonava i motivi al pianoforte, insegnava ai ragazzi i passi fondamentali della danza popolare, insegnava come invitare una ragazza a ballare, come tenerla con leggerezza fra le braccia e infine come riportarla al suo posto e ringraziarla con un profondo inchino. Karol era incantato (2) da quelle cerimonie romantiche ed era il ballerino più ambito dalle ragazze. I suoi balli preferiti erano la polonaise, la mazurca, il valzer e il tango. Partecipava con entusiasmo ai balli che si tenevano, soprattutto in Carnevale, al circolo Sokól..

 

(1) Un piacere persistente:

(2) e l'incanto continua... in Vaticano...

e allo stadio con 1200 ballerine che danzano mostrando il meglio di sé al Papa, per il suo grande gusto del bello...

       L’incontro con Kotlarczyk fu provvidenziale. Impedì a Karol di privilegiare gli spettacoli frivoli per indirizzare invece la propria attenzione verso una cultura più solida, il teatro, quello dai contenuti sociali, culturali e religiosi impegnati.
       Kotlarczyk era uno studioso del linguaggio, si diceva "l´apostolo della Parola Vivente". Attraverso il linguaggio spiegava ai suoi studenti che, "il ritmo e le rime di un´opera teatrale devono diventare i protagonisti di ogni spettacolo, mentre i costumi e le scene vanno ridotti al minimo".
       Karol cominciò a frequentare l´appartamento di Kotlarczyk per discutere con il professore di teatro e del significato della lingua nella società polacca. A poco a poco, tra i due nacque una vera amicizia. Kotlarczyk aveva 19 anni più di Karol ma la passione per il teatro li rese coetanei, fratelli.

 

 

       Nel 1938 Karol fu costretto a lasciare Wadowice per andare all’Università a Cracovia, ma continuò a tenersi in contatto con il suo maestro ed amico attraverso lettere frequenti. Poi, dopo l’invasione della Polonia da parte dei nazisti, anche Kotlarczyk dovette fuggire a Cracovia e, come racconta Wojtyla nel suo libro "Dono e Mistero", andò a vivere da lui con la moglie Sofia. «Abitavamo insieme», scrive Wojtyla. «Io lavoravo come operaio, lui inizialmente come tranviere e, in seguito, come impiegato in un ufficio. Condividendo la stessa casa, potevamo non solo continuare i nostri discorsi sul teatro, ma anche tentarne attuazioni concrete, che assumevano appunto il carattere di teatro della parola. Era un teatro molto semplice. La parte scenica e decorativa era ridotta al minimo; l´impegno si concentrava essenzialmente nella recitazione del testo poetico».

 

 

       La casa di Wojtyla, nel seminterrato in via Tyniecka, a Cracovia, divenne una scuola. Era costituita da due stanze. Karol vi stava stretto con il proprio papà. Poi si aggiunsero anche i coniugi Kotlarczyk. Alla sera arrivavano altri amici, attori, registi. Tutti insieme si dedicavano alla scrittura dei testi. Scene, parole, espressioni pensate nel corso del lavoro. Discutevano, creavano, inventavano, scrivevano.
       Le prove si tenevano il mercoledì e il sabato, nella cucina gelida, illuminata da una candela. I giovani attori arrivavano guardinghi, alla chetichella. Incombeva sempre il timore di un´irruzione o di una retata dei nazisti. Mantenere il segreto intorno a quegli incontri teatrali era indispensabile; si rischiavano altrimenti gravi punizioni da parte dei nazisti e anche la deportazione nei Lager. Le recite avvenivano in case private, davanti ad un ristretto gruppo di conoscenti e di invitati, i quali avevano uno specifico interesse per la letteratura ed erano, in qualche modo, degli "iniziati". Quel gruppo, costituito da ragazzi e ragazze, visse un’esperienza sublime, che nessuno di essi poté dimenticare mai. Uniti da una passione, da un entusiasmo così grandi da sfidare ogni rischio. Passione per l’arte, tensione emotiva, carica sentimentale, clandestinità.

 

 

       Karol era il capo carismatico di quei giovani, oltre ad essere l’elemento di spicco, con doti straordinarie. Recitava, ma era anche un geniale autore, un acuto regista. In quegli anni, tutti erano certi che Wojtyla sarebbe diventato un grande attore e un grande letterato. Ma, invece, anche quella straordinaria esperienza era solo una tappa nella vita di Wojtyla. Egli scrisse in "Dono e Mistero": «Devo ammettere che tutta quella esperienza teatrale mi si è impressa profondamente nell’animo, anche se ad un certo momento mi resi conto che in realtà non era questa la mia vocazione».


       Maturò questa nuova decisione nel corso del 1942. Un anno dopo aver perduto il padre. Si confidò con l’amico professore. Questi fece di tutto per dissuaderlo. Ma Karol aveva intuito bene la chiamata di Dio e fece la sua scelta senza esitazioni. Portandosi dietro però quel mondo meraviglioso che aveva assorbito con gli amici in quegli anni di passione poetica e drammaturgica. Divenne sacerdote, ma continuò, anche da sacerdote, da vescovo, da cardinale, a scrivere poesie, drammi, a utilizzare l’arte dell’attore. E quelle esperienze, quell’arte di porgere, di comunicare, sono rimaste sempre con lui, anche da Papa.

Renzo Allegri (continua)


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